Per i Giudici della Suprema Corte di Cassazione uno schiaffo dato alla moglie, benché riprovevole, non prova che abbia determinato il fallimento del matrimonio.
E’ quanto dichiarato dalla sesta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n.24473/2015 depositata il 02 /12/2015 che rigetta i ricorsi di entrambi i coniugi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che , a parziale riforma della pronuncia di primo grado, revoca la dichiarazione di addebito ad entrambi i coniugi.
Per i Supremi Giudici, l’addebito alla moglie richiesta dal marito con il ricorso principale non può essere preso in considerazione in quanto lo stesso non fornisce indicazioni sul nesso di causalità che avrebbe comportato l’intolleranza della convivenza.
Relativamente al ricorso incidentale, per l’addebito al marito richiesto dalla moglie, se pur pacifica l’esistenza dello schiaffo la cassazione testualmente afferma: ”Si tratta sicuramente di un comportamento riprovevole che costituisce violazione degli obblighi matrimoniale, ma anche in tal caso non si danno indicazioni specifiche sul rapporto tra tale comportamento e l’intollerabilità della convivenza.”
Altresì, non sono meritevoli di accoglimento le lamentele della donna sulla mancata ammissione, da parte del giudice di merito, di prove che avrebbero indicato un comportamento del marito, variamente ripetuto, offensivo e riprovevole nei suoi confronti. I supremi Giudici precisano che: la ricorrente stessa non riporta, ai sensi dell’art. 369 cpc, in ricorso, il contenuto dei capi di prova né allega al ricorso stesso l’atto processuale nel cui ambito i capi di prova erano stati dedotti. Nella memoria aggiuntiva si fa riferimento ad altre circostanze e documentazione che, all’evidenza, questa Corte non può prendere in considerazione.