Autore: Avv. Maurizio Città www.StudioCataldi.it
Introduzione
Simuliamo che sia stata proposta istanza di mediazione per la divisione dei beni che hanno fatto parte della comunione legale tra coniugi, che detti beni siano più di uno e si trovino ubicati in luoghi diversi, e che la parte invitata partecipi al procedimento di mediazione al solo fine di chiedere al mediatore, nel primo incontro, di inserire a verbale la propria eccezione di incompetenza territoriale dell’organismo di mediazione scelto dalla parte istante.
I profili problematici sottesi ad una siffatta evenienza sono più di uno.
Anzitutto, v’è da chiedersi se la disposizione contenuta nell’art.4, comma 1°, sulla
competenza dell’odm configuri, o no, norma imperativa, inderogabile (o comunque di ordine pubblico), ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n.28/2010
Ai sensi della predetta norma, la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.
Ebbene, se in detta norma si ravvisa una norma imperativa inderogabile (o comunque di ordine pubblico) -nel senso che si tratterebbe di una norma di garanzia di derivazione costituzionale che presiede al rispetto del diritto della parte invitata all’esperimento della mediazione in un luogo “prossimo” a quello del Giudice che sarebbe territorialmente competente per l’eventuale giudizio- allora, ne discenderebbe che il rispetto della norma diventa ineludibile, stante che in caso contrario, per un verso, verrebbe a mancare una condizione inderogabile perchè possa ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità, e per altro verso, un eventuale accordo conciliativo non potrebbe acquisire l’efficacia di titolo esecutivo, perchè non omologabile da parte del Presidente del Tribunale, e non legittimamente asseverabile (attestazione e certificazione di conformità) da parte degli avvocati ai sensi dell’art.12, comma 1°, del d.lgs. n.28/2010.
Sarebbe più che ragionevole, dunque, in tal caso, ipotizzare che la prestazione della mediazione da parte dell’ odm, e per esso da parte del mediatore, necessiti della preliminare verifica, ex officio, della propria competenza.
In questa prospettiva di norma inderogabile (o comunqe di ordine pubblico) verrebbe a raffozzarsi la considerazione che anche la verifica della competenza territoriale dell’odm costituirebbe un controllo, per così dire, “omologatorio” propedeutico, da effettuarsi da parte del mediatore non più tardi del primo incontro.
Salvo ritenere che il sistema della legge in materia imputi solo in capo all’istante la “responsabilità” per le conseguenze della scelta di un odm non competente, e, dunque, anzitutto, la responsabilità per il conseguimento di un verbale negativo per così dire “inutiliter dato” sia ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità
(quando, per legge,necessaria), nonchè (quando fosse raggiunto l’accordo) per la conclusione di un accordo conciliativo che risulterebbe insuscittebile di acquisire efficacia di titolo esecutivo.
Se non che, a chi dovesse sostenere quest’ultima considerazione, resterebbe da dare una risposta al seguente quid iuris:
atteso che la proposizione della domanda di mediazione presso un odm “territorialmente competente” costituisce presupposto perché la medesima domanda produca gli effetti che ad essa la legge collega (si pensi per esempio all’interruzione della prescrizione o sospensione dei termini di decadenza), allora, l’odm, e per essa il Mediatore, possono ritenersi soggetti “deresponsabilizzati” quanto alla inefficacia della istanza di mediazione, a causa della incompetenza dell’odm (sia pure acclarata in un eventuale successivo giudizio da parte del giudice)?
e può, una siffatta prospettiva, ritenersi coerente con un sistema legislativo che individua nell’effettivo ed efficace esperimento del procedimento di mediazione una soluzione alternativa al contenzioso giudiziario, o comunque, la condizione per potere avviare il processo giurisdizionale ?
Senza dire che accanto a questo interesse pubblico inerente la mediazione civile, si pone il rapporto obbligatorio tra la parte istante (e la parte invitata che aderisca), da un lato, e l’odm, dall’altro lato, avente ad oggetto la prestazione di mediazione, la cui esatta esecuzione presuppone il potere di mediare relativamente all’oggetto della domanda di mediazione, ovvero il potere necessario a garantire l’esperimento efficace e valido della mediazione in relazione all’oggetto della domanda.
V”è da chiedersi, dunque, se vi sono adempimenti incombenti in capo al mediatore, e ciò, non solo nel caso in cui la parte invitata eccepisca espressamente la incompetenza dell’odm, ma anche relativamente all’ipotesi che la parte invitata non partecipi, e resti in silenzio (non potendosi escludere, in siffatta ipotesi, che la parte invitata non partecipi in quanto ha fatto affidamento sul fatto che l’organismo di mediazione adito non si trova “nel luogo” del giudice che sarebbe territorialmente competente per l’eventuale causa).
Cambiando prospettiva, se si esclude la natura imperativa inderogabile (o comunque di ordine pubblico) della norma in esame, comunque, riemergono plurimi aspetti problematici.
Un aspetto problematico, che merita approfondimento, è quello della derogabilità o meno della competenza territoriale anche per adesione tacita, della parte invitata, alla scelta effettuata dalla parte istante (quest’ultima ipotesi ricorrerebbe nel caso di partecipazione alla mediazione della parte invitata senza alcuna eccezione di incompetenza territoriale dell’odm adito).
A questo aspetto problematico è strettamente connesso quello della mancata partecipazione della parte invitata, la quale resti in silenzio sul punto, nel senso che non fa pervenire come “giustificato motivo” della mancata partecipazione la ritenuta incompetenza territoriale dell’OdM.
Meno problematico appare l’interrogativo che riguarda l’ambito di applicazione della norma che prevede la competenza territoriale dell’odm:
si tratta di norma che si applica solo quando la mediazione è prevista dalla legge come condizione di procedibilità ?
o di norma che si applica anche nel caso di mediazione delegata e mediazione facoltativa ?
A tal riguardo sovviene il dato letterale dell’art.4, comma 1°, che richiama le controversie dell’art.2, e non quelle dell’art.5, nonché l’interpretazione sistematica della normativa che contempla norme come quelle contenute nell’art.13 e nell’art.8, comma 4 bis, applicabili anche alla mediazione facoltativa.
Ancora, v’è da chiedersi come va regolata la competenza territoriale dell’odm qualora in relazione all’oggetto dell’istanza (ovvero alla sua delineazione complessiva a seguito della partecipazione della parte invitata), la competenza territoriale giurisdizionale dovesse risultare appartenente a giudici diversi.
A tal riguardo un esempio potrebbe essere quello della mediazione delegata in corso di causa, come ricorrentemente ormai avviene: la mediazione per sua ontologica funzione si potrebbe estendere, per esempio, anche a fatti emersi successivamente alla instaurazione della lite e non fatti valere nel processo, con la conseguenza che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto tra le parti, nel suo complesso, o comunque anche con riguardo ad aspetti controversi non oggetto del giudizio, mentre la sentenza conclusiva del procedimento civile potrebbe definire solo la controversia oggetto del giudizio.
Per quel che qui interessa ciò implica che la mediazione non ha un oggetto necessariamente corrispondente ad una lite, essendo possibile che essa includa “più cause” suscettibili di diverse competenze.
Con ciò che ne può derivare in termini di competenza.
Altra questione connessa a quella della competenza dell’odm è quella dell’integrazione del contraddittorio, relativamente all’ipotesi che, proiettando l’oggetto della mediazione in sede giurisdizionale, ciò dovesse comportare, lo spostamento della competenza territoriale del giudice, e di conseguenza dell’odm
Ad ogni modo, l’esame di ogni aspetto problematico deve essere preceduta dalle risposte alle domande preliminare sulle conseguenze della incompetenza territoriale dell’odm:
quali sono?
esse sono le stesse sia nel caso di mediazione obbligatoria, sia nel caso di mediazione delegata e facoltativa ?
Nella ricerca di una soluzione a tutti I sudetti interrogativi si terrà conto del fatto che, nel sistema della normativa di riferimento, il procedimento di mediazione civile è finalizzato al raggiungimento di un accordo conciliativo, il quale, a sua volta, assolve ad una duplice funzione: quella deflattiva, rispetto al processo (che altrimenti sarebbe necessario per ottenere un provvedimento giurisdizionale); ed, al contempo, quella di regolamentazione dei rapporti tra le parti (la quale dovrà integrare tutti i requisiti per essere una valida ed efficacia regolamentazione dei rapporti tra le parti, ed, all’occorrenza, un valido ed efficace titolo esecutivo).
V’è da considerare, infatti, che tenuto conto di quanto ritenuto dalla giurisprudenza (cfr. Trib. Modica, 9/12/2011, secondo cui non è omologabile il verbale di accordo che non integri alcuni requisiti formali; Trib. Lamezia Terme, 17/02/2012, secondo cui la verifica di ordine pubblico non può prescidere dalla delibazione sulla corretta instaurazione del contraddittorio; Trib. Varese, 13/02/2012, secondo cui è preciso compito dei mediatori quello di accertare che, al tavolo della mediazione, si presentino soggetti con la piena capacità di disporre del diritto conteso; Trib. Milano, sez. IX, 29/10/2013, secondo cui la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’OdM che non ha competenza territoriale non produce effetti), il mediatore, non solo sarebbe investito del controllo dei presupposti perché possa ritenersi realizzata la condizione di procedibilità (nei casi di mediazione obbligatoria), ma sarebbe anche preposto ad una attività di controllo propedeutico alla omologa dell’eventuale accordo conciliativo, che, nel caso di accordo suscettibile di trascrizione, verrà integrato dal controllo effettuato dal notaio che interviene per l’autentica delle firme delle parti.
Tenuto conto di ciò, il controllo (per così dire “omologatorio”) propedeutico da parte del mediatore s’impone anche nel caso in cui è previsto che poi si proceda ad omologa da parte del Presidente del Tribunale, stante che il mediatore -“custode” dell’efficacia ed utilità della procedura di mediazione, oggetto del rapporto obbligatorio tra l’istante (e la parte invitata partecipante), da un lato, e l’odm, dall’altro lato- non può far correre alle parti il rischio che la procedura, e lo stesso accordo conciliativo raggiunto, risultino “non utili”, ovvero non idonei ad assolvere alla propria funzione (sia pure solo potenziale ed all’occorenza, di titolo esecutivo), per la sussistenza di ragioni ostative all’omologa.
Posto ciò, a proposito della previsione di legge secondo cui la domanda di mediazione va proposta presso l’odm che ha sede principale o secondaria in uno dei comuni ricadenti nella circoscrizione del Tribunale territorialmente competente (cfr. circolare ministeriale 27/11/2013), il quid iuris diventa:
rientra tra i presupposti dell’espletamento della prestazione di mediazione la verifica ex officio del proprio potere di mediare, sotto il profilo della competenza territoriale, in relazione alla singola istanza?
rientra, dunque, anche tra i requisiti di regolarità formale di cui dare atto a verbale quello della “competenza territoriale” dell’odm ?
esso va acclarato anche a fronte della previsione di legge che consente di prescindere dall’omologa del Presidente del Tribunale, quando l’accordo di conciliazione è sottoscritto dagli avvocati che assistono le parti ?
A ta l proposito, nello svolgimento delle considerazioni che seguono, emergerà che, sebbene l’art.12, comma 1°, del d.lgs. n.28/2010 sebrerebbe riservare agli avvocati che assistono le parti, e sottoscrivono l’accordo, la verifica del rispetto delle norme imperative e di ordine pubblico, il mediatore, non solo, per un verso non può “disinteressarsi” del rispetto di queste norme (perché la prestazione di mediazione non potrebbe avere come risultato un atto contrario a norme imperative o all’ordine pubblico), ma comunque, in ogni caso, non potrebbe esimersi dalla preliminare verifica della regolarità formale del verbale di accordo, che resta nelle sue mani.
Così, per linee di massima, individuate le questioni sottese all’applicazione dell’art.4, comma 1°, del d.lgs. n.28/2010, sulla competenza dell’odm, di seguito si passa ad inquadrare le questioni medesime alla luce della normativa di riferimento, della predetta circolare ministeriale, degli standard operativi adottati dal Coordinamento della conciliazione forense nell’XI Assemblea dei soci a Pesaro, e, per quanto possa risultare utile, alla luce della giurisprudenza già formatasi sul punto.
Normativa di riferimento e considerazioni preliminari
L’art.4 del d.lgs. n.28/2010, come novellato dal d.l. n.69/2013, conv. in l.n.98/2013, prevede che l’istanza di mediazione debba essere depositata presso un organismo di mediazione sito nel luogo del Giudice che sarebbe competente per l’eventuale giudizio:
la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.
L’art. 5, comma 6, stabilisce che dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale.
Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo.
A tal riguardo, è ragionevole ritenere che la parte istante, che voglia avvalersi dell’effetto interruttivo o sospensivo della domanda di mediazione può imputare solo a sé stessa l’errore nella scelta di un odm incompetente;
fermo restando ciò, se si dovesse propendere per la prospettiva che la competenza territoriale è un presupposto per potere eseguire, efficacemente e validamente, la richiesta prestazione di mediazione, da verificare ex officio, allora v’è da chiedersi se questa verifica debba essere anticipata al momento della comunicazione dell’istanza di mediazione alle altri parti (dato che giunti a questo punto l’odm ha preso in carico la gestione della domanda), o se, invece, può ritenersi applicabile l’art.2943, comma 3°, c.c. e l’art.2945, commi 2° e 3°, c.c.
L’art.5, comma 2 bis, stabilisce che quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo
Quid iuris: nel caso in cui la parte che agisce in giudizio produce verbale negativo di mediazione, ma il Giudice acclari la violazione dell’art.4, comma 1, per incompetenza territoriale dell’odm, deve ritenersi che la mediazione non sia stata esperita, ovvero che la stessa sia tam quam non esset ?
Secondo l’orientamento del Tribunale di Milano (cfr. ordinanza del 29/10/2013, citata) in tal caso la domanda di mediazione non produce effetti, e, dunque, deve ritenersi che non produca nemmeno quello di potere realizzare la condizione di procedibilità.
D’altra parte, non si può essere nemmeno certi che il Giudice, a fronte di un verbale negativo per mancata partecipazione senza giustificato motivo (e che dia atto che non è pervenuta alcuna eccezione di incompetenza), consideri la non contestazione della competenza alla stregua di adesione della parte invitata sulla scelta in deroga dell’odm. Effettuata dalla parte istante.
E’ evidente che qualora il Giudice, acclarata, secondo i criteri stabiliti dal c.p.c., che l’odm che è stato adito non era territtorialmente competente, oneri le parti di esperire la mediazione avanti ad un odm competente, il verbale di conciliazione negativo viene travolto.
Ad ogni modo, detto rischio non potrebbe essere di fatto scongiurato attraverso una verifica ex officio del mediatore sulla competenza (alla stregua di quanto già avviene, per esempio, nell’ipotesi in cui, nel silenzio della parte invitata, viene verificato che la notifica dell’invito sia andata a buon fine, prima di ritenere integrato il contraddittorio e soddisfatto l’esperimento della mediazione, sia pure con esito negativo), stante che una verifica positiva sulla competenza non sarebbe stabile e definitiva, ma sempre suscettibile di essere sconfessata dal giudice, mentre potrebbe essere risolutiva una verifica negativa, che però potrebbe innescare conflitti con la parte istante (e la parte invitata aderente).
Appare, dunque, più praticabile la soluzione che la parte istante (e la parte invitata aderente) sia adeguatamente informata da parte dell’odm già con il modulo di domanda (e di adesione), nonché dal mediatore, di una siffatta possibile evenienza, ed è opportuno che a verbale sia dato atto di una siffatta possibile evenienza.
Ed, ovviamente, il regolamento di procedura dell’ odm va adeguato conseguentemente.
Passando all’altro aspetto della finalità della mediazione a raggiungere un accordo conciliativo, alternativo al provvedimento giurisdizionale, suscettibile di acquistare forza di titolo esecutivo, v’è da considerare che:
– l’art. 11 stabilisce che se e’ raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e’ allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’art.13
– l’art. 11, comma 3, stabilisce che se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento;
– l’art. 11, comma 4, stabilisce che se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore da’ atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.
E’ evidente, alla luce della predetta normativa, anzitutto, che, a rigor di legge, il mediatore -ancorché i vari regolamenti di procedura degli odm lo escludano- debba comunque formulare una proposta, anche se la conciliazione non riesce, formando processo verbale con l’indicazione della proposta (comma 4° citato), il che si ricollega sistematicamente all’art.13, ed alla concreta operatività dello stesso.
Per quel che qui interesse è evidente che l’attività che il mediatore è chiamata a svolgere non può prescindere dal potere di prestarla con efficacia: ai sensi e per gli effetti della normativa di riferimento.
D’altra parte, anche la nuova previsione di cui all’art.12, secondo cui quando tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo e gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, non fa venir meno il fatto che l’accordo è raggiunto all’esito della procedura di mediazione in esecuzione della prestazione di mediazione, la quale non può essere finalizzata alla conclusioni di accordi non conformi a norme imperative o all’ordine pubblico. Il che implica che -quando l’accordo non è raggiunto su proposta dello stesso mediatore- il mediatore che rilevi i predetti vizi dovrebbe richiamare le parti alla loro eliminazione, mediante riformulazione più conforme dell’accordo.
Profili problematici e prime ipotesi di soluzioni operative
Come si è visto, secondo l’orientamento della giurisprudenza di merito (ragionevolmente condivisibile), che già ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, la domanda di mediazione presentata presso un odm incompetente non produce effetti.
Posto ciò, gli interrogativi diventano:
affinché la domanda di mediazione produca gli effetti che la normativa di riferimento ad essa collega, è sempre necessario, inderogabilmente, che la stessa sia presentata presso un odm che ha sede (principale o secondaria) nel luogo del giudice che sarebbe territorialmente competente?
se la scelta della parte istante ricade su un odm diverso, questa scelta in deroga può essere “sanata” dalla partecipazione, senza eccezione di incompetenza, della parte invitata?
se la parte invitata non partecipa, ma non fa valere la ritenuta incompetenza come giustificato motivo, può considerarsi una tacita adesione alla deroga della competenza ?
La risposta a queste domande implica una serie di considerazioni.
Un appiglio normativo può individuarsi nel fatto che il sistema normativo di riferimento sembra onerare la parte invitata ad esprimere il motivo per il quale non partecipa alla procedura, essendo l’assenza del giustificato motivo causa di applicazione di “sanzioni” nei suoi confronti (vedi art.8, comma 4 bis, d.lgs. n.28/2010).
Volendolo considerare un onere di carattere generale lo si potrebbe estendere anche alla mancata partecipazione per ritenuta incompetenza dell’ odm scelto dalla parte istante.
Tuttavia, il fatto che la parte invitata abbia l’onere di giustificare la mancata partecipazione, ed invece non la giustifica, non comporta automaticamente che la non contestazione della competenza equivalga ad adesione alla deroga effettuata dalla parte istante.
Oltretutto non si può essere certi che il Giudice successivamente chiamato a verificare l’assenza della condizione di procedibilità, adotti una siffatta equivalenza.
Siccome, però, non è nemmeno certo che il giudice che sarà adito nell’eventuale successivo giudizio ritenga la propria competenza, piuttosto che declinarla, è evidente che a nulla varrebbe una verifica ex officio del mediatore, nel senso che il fatto che il mediatore ritenga la competenza dell’odm non è vincolante per il giudice (che il mediatore ritiene competente), il quale, infatti, potrebbe essere di diverso avviso, e, ricorrendone a suo avviso i presupposti, potrebbe declinare la propria competenza:
il mediatore ritiene che sia competente il proprio odm con sede a Monza perchè ritiene che la competenza sarebbe del Tribunale di Monza, invece il tribunale di Monza ritiene che la competenza sia del Tribunale di Milano.
Il che non significa, però, che nel caso di mancata partecipazione della parte invitata e nel suo silenzio sulla competenza, possa ritenersi possibile formare un verbale negativo a supporto della realizzazione della condizione di procedibilità, senza alcuna propedeutica verifica sulla propria competenza.
Una siffatta soluzione, invero, agevolerebbe la parte istante che non sia seriamente intenzionata alla mediazione, e voglia solo procurarsi, senza fastidi, un verbale negativo da produrre in giudizio: per una causa di competenza del Tribunale di Trapani è presentata istanza di mediazioni ad un odm di Trento, confidando, la parte istante, sulla mancata partecipazione “silenziosa” della parte invitata.
D’altra parte, non essendo espressamente previsto dalla normativa la possibilità di concorde deroga alla competenza dell’odm, nell’ipotesi che la parte invitata davanti ad un odm non competente partecipi alla procedura di mediazione senza sollevare eccezione, può ragionevolmente ritenersi che la partecipazione attiva della parte invitata alla procedura di mediazione, a prescindere dall’odm scelto dalla parte istante, già scongiura gli effetti indesiderati dalla norma sulla competenza, posta anche a garanzia della parte invitata, che della scelta, infatti, non si duole (fermo restando, ovviamente, ma è davvero superfluo soggiungerlo, che la deroga alla competenza dell’odm non avrà alcuna influenza sulla competenza del giudice che eventualmente successivamente sarà adito).
Passiamo, ora, all’altro profilo della problematica, quello dell’incidenza della incompetenza dell’odm sulla finalità della procedura di mediazioni di raggiungere un accordo amichevole alternativo al provvedimento del giudice, suscettibile di acquisire efficacia di titolo esecutivo. Per trarre, poi, alcune complessive conclusioni provvisorie.
A questo riguardo vi sono due prospettive possibili:
1) quella di ritenere che la norma sulla competenza non costituisca norma imperativa, o comunque di ordine pubblico, da considerare, ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n.28/2010, in sede di certificazione da parte degli avvocati ex art.12, o di omologa da parte del Presidente del Tribunale;
sicchè non sarebbe ostativa alla certificazione, o alla omologa, l’eventuale deroga alla stessa,e non si porrebbe, pertanto, il problema di una verifica ai fini “omologatori”, nemmeno in via propedeutica da parte del mediatore, stante che in siffatta ipotesi non si porrebbe il problema della carenza, sia pure relativa, del potere di mediare, in quanto questo sarebbe recuperato attraverso l’ammissibilità della (espressa o tacita concorde) scelta in deroga dell’odm
2) quella di ritenere la norma sulla competenza una norma inderogabile, per cui, al fine di garantire un efficace espletamento della procedura di mediazione, ed una utile prestazione della richiesta attività di mediazione, torna a porsi l’esigenza di una verifica ex officio della propria competenza (che tuttavia, come si è visto, non è una soluzione “stabile e definitiva” al problema, perchè, come si è detto, la eventuale valutazione del mediatore, ex officio, o provocata da apposita eccezione della parte invitata, non esclude una diversa valutazione del giudice ritenuto competente ove successivamente adito, essendo possibile che questi, sussistendono i presupposti, declini la propria competenza).
Tra queste due alternative radicali prospettive vi sarebbe da considerare che, in effetti, la funzione attribuita alla mediazione civile è duplice:
deflattiva, rispetto al processo (che altrimenti sarebbe necessario per ottenere un provvedimento giurisdizionale); e, al contempo, di regolamentazione dei rapporti tra le parti (la quale dovrà integrare tutti i requisiti per essere una valida ed efficacia regolamentazione dei rapporti tra le parti, ed, all’occorrenza, un valido ed efficace titolo esecutivo), e alla quale dovrà pervenirsi attraverso una attività di mediazione prestatata dall’odm, e per esso dal mediatore designato, che abbia il potere (relativo) di mediare.
A tal riguardo è importante tenere conto del fatto che nel caso di raggiungimento dell’accordo non vi sarebbe sede giurisdizionale per la verifica della competenza, essendo stato raggiunto l’obiettivo della soluzione alternativa al contenzioso giudiziario.
Tuttavia, limitatamente ai casi per i quali è prevista l’omologa (e si ponga in concreto la necessità della omologa) può ritenersi che -pur a volere escludere che si tratti di norma di ordine pubblico ai sensi e per gli effetti della normativa sulla mediazione- comunque il Presidente del Tribunale abbia a verificare quanto meno che nel verbale a lui sottoposto si dia atto della ritenuta competenza dell’odm scelto dalla parte istante.
Per quanto riguarda, poi, gli accordi asseverabili da parte degli avvocati ex art.12, v’è da considerare che potrebbe ravvisarsi nella carenza di potere di mediare una causa di invalidità dell’accordo (raggiunto all’esito della procedura di mediazione), azionabile ai sensi di legge.
A ulteriore dimostrazione, se mai ve ne fosse bisogno, del fatto che molteplici sono gli aspetti problematici sottesi alla applicazione della norma in esame sulla competenza dell’odm, ed impossibile ipotizzare soluzioni de plano, si pensi all’ipotesi che il soggetto invitato alla mediazione, che ritenga incompetente l’odm scelto dalla parte istante, piuttosto che sollevare la questione di incompetenza, si rivolge, a sua volta, ad altro odm da egli ritenuto competente;
come viene risolto il “conflitto di competenza” tra i due odm, se nessuna delle due parti desiste ?
Avuto riguardo ai citati standard operativi del Coordinamento della conciliazione forense si rinviene l’orientamento secondo cui l’odm e il mediatore non sono in alcun modo tenuti a declinare la propria competenza in favore di un altro organismo eventualmente ritenuto competente per territorio, né sono tenuti a formulare alcuna eccezione in tal senso, suggerendo, le predette linee guida, agli odm, di richiamare l’attenzione dell’istante sulle previsioni della legge che dispongono la competenza territoriale nel modello di domanda.
E’ evidente che siffatto standard operativo, però, non tira fuori dalla possibile situazione di stallo.
Si potrebbe ritenere che sarà il Giudice nell’eventuale successivo giudizio a dirimere la questione, valutando se il verbale prodotto dalla parte che ha introdotto il giudizio sia idoneo a soddidfare la condizione di procedibilità (per la mediazione obbligatoria), o l’applicabilità delle sanzioni (per la mediazione facoltativa), con il rischio, però, di arresto del giudizio, la vanificazione della pregressa procedura di mediazione, e un passo indietro per l’esperimento della procedura di mediazione.
Conclusioni provvisorie
Nel caso simulato potrebbe sorgere, in effetti, il dubbio in ordine al giudice che sarebbe competente territorialmente, e di conseguenza il dubbio nella individuazione dell’odm, stante che i beni che facevano parte della comunione legale sono più di uno e si trovano in luoghi diversi.
Potrebbe soccorre l’art.21 c.p.c. (applicabile alle divisioni tra coniugi, secondo la risalente Cass. n.7010/1988), e secondo un dato orientamento (sovviene Cass. 4213/2007), la competenza sarebbe di ogni giudice nella cui circoscrizione si trovi ubicato il singolo, o alcuni, dei beni oggetto di divisione. Nel caso simulato, trattandosi di divisione di beni che appartenevano alla comunione legale, si potrebbe ritenere un collegamento tra gli stessi, e la competenza, indifferentemente, di ogni giudice nella cui circoscrizione si trovi uno degli immobili.
In conclusione, pur a volere escludere che la novità normativa abbia inteso giurisdizionalizzare la procedura di mediazione, e pur a volere escludere soluzioni che implichino la giurisdizionalizzazione della mediazione richiesta, non potrà farsi a meno di considerare la finalità che la legge assegna alla procedura di mediazione con conseguente responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, quisque pro suo.
Dunque, pur a volere ritenere che il verbale nella procedura di mediazione non è un verbale d’udienza, ove le parti sollevano eccezioni e/o redigono contestazioni, ma è un documento all’interno del quale il mediatore scandisce lo svolgersi della mediazione, resta il fatto che il mediatore è responsabile del regolare svolgimento della mediazione, la quale presuppone l’integrità del contraddittorio, la verifica della capacità delle parti, il potere di disporre dei diritti oggetto di mediazione, ed anche la verifica della competenza che costituisce la condizione per potere svolgere le funzioni di mediazione, ovvero la verifica del potere di mediare relativamente alla singola fattispecie.
Ragione per cui, appare ragionevole che a verbale sia dato atto della verifica della propria competenza, indicando i criteri di competenza giurisdizionali considerati applicabili, sia pur dando atto allo stesso tempo della contestazione della competenza eventualmente sollevata dalla parte invitata, e sia pure nella consapevolezza che quanto ritenuto dal mediatore non ha carattere definitivo e stabile, ma rappresenta una giustificazione del fatto di non avere declinato la competenza.
Se si mette da parte l’aspetto obbligatorio tra odm e istante, e le eventuali responsabilità che ne potrebbero conseguire per l’odm, resta da considerare la funzione di pubblico interesse che la legge attribuisce alla mediazione ed alla necessità dell’esperimento di una valida ed efficace procedura di mediazione, rispetto alla quale la predetta informativa alla parte istante, servirà a far decidere la parte istante se desistere, o se accollarsi il rischio prospettato, ma non appare sufficiente quanto al fatto che l’eventuale accordo conciliativo, se raggiunto, risulti esitata da una mediazione effettuata da un odm incompetente, e dunque privo di potere di mediare nel caso concreto.
In pratica, gli odm, quanto meno, debbono mettere subito mano ai regolamenti di procedura da modificare ed integrare adeguatamente, nonchè alla modulistica, al fine di razionalizzare lo svolgimento delle mediazione nel senso più compatibile con la novità normativa.
Fonte: www.StudioCataldi.it