Quando una legge dello Stato anticipa processi culturali tendenti a modificare i comportamenti della collettività, contestazioni e critiche appaiono d’obbligo; importante è però capirne appieno finalità e contenuti.
Con il D.lgs. 4/3/2010 n. 28, attuato con D.M. 180/2010, è entrato in vigore nell’Ordinamento italiano il nuovo istituto della Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Tale decreto legislativo, nel dare attuazione alla legge delega del 18 /6/2009 n.69, disciplina la mediazione, predisponendone i limiti, i modi di accesso e la procedura “ …nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria …” art. 60, l. 69/2010.
Non una facoltà o un tocco esotico, ma un obbligo per lo Stato, che deve garantire l’effetto voluto dall’Unione e cioè:
-“ di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”;
-di applicare la direttiva “nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale” (art. 1 Direttiva 2008/52/CE).
Un obbligo, dunque, cui dare attuazione, così come avvenuto, entro il 21 maggio 2011 (art.12, Direttiva 2008/52/CE ) (1)
Ma cos’è la mediazione?
La mediazione è quell’istituto che, improntato al massimo grado d’informalità, permette ai soggetti interessati di poter risolvere un loro conflitto in maniera stragiudiziale, ossia mediante un accordo raggiunto con l’ausilio di un mediatore.(2)
Il mediatore non è un uomo di diritto, ma rappresenta per le parti colui che, terzo e imparziale, le può guidare alla ricerca della soluzione del loro conflitto, che molto spesso si manifesta semplicemente come tensione, ostilità, dissenso o competizione, allo scopo di perseguire interessi, fini o valori.(3)
Molto spesso dietro ogni conflitto non ci sono solo fatti giuridicamente rilevanti da far valere, ma emozioni, bisogni, interessi, che in sede giudiziale molto spesso, non trovano il giusto riconoscimento, e che invece possono essere posti in sede stragiudiziale.
“Due esseri liberi, ancorché contrapposti, devono trovare da loro stessi la via di uscita dalla propria impasse. Contrariamente al giudice, che decide in nome della legge, il mediatore non decide al posto di altri”(4)
Si deve convenire che, per le parti in lite, chiudere una vertenza con un accordo utilizzando un elemento di diritto privato qual è la conciliazione, rientra pienamente nelle loro facoltà.
Come dice Crum (5) “risolvere un conflitto raramente ha a che fare con chi ha ragione. Dipende semmai dal riconoscere e dall’apprezzare le differenze”.
Appare chiaro che, con forza giunge dall’Europa un processo culturale che, nell’accezione del termine dell’antropologo inglese Edward Burnett Tylor (6) , s’individua quale modo di essere collettivo che, in caso di conflitto, modifica i comportamenti della collettività facendo sì che il conflitto non assurga a contenzioso giudiziario.
In opposizione all’istituto della mediazione, con particolare riferimento all’introduzione dell’obbligatorietà e alla mancata previsione di una difesa tecnica , veemente è stata -e continua a essere- la posizione di parte dell’avvocatura.
Essa, infatti, ritenendosi spogliata del ruolo di Signora incontrastata del contenzioso, continua ad attuare con ogni mezzo e senza esclusione di colpi, una vera e propria azione di resistenza a 360°.
Un esempio può essere costituito dall’ avere ostacolato l’applicazione del D.gls 28/2010, inducendo il cliente –psicologicamente sottomesso– a rifiutare la Conciliazione definendola“ perdita di tempo e di denaro”.
La foga di detta resistenza, evidenzia quanto il D.lgs. 28/2010, la cui ratio è il soddisfacimento di un interesse generale (7), abbia leso interessi personalistici e privilegi di casta.
Ecco che dietro argomentazioni d’incostituzionalità e falsa difesa dei diritti dei cittadini, si vedono sfuggire potenziali clienti , fonte di una buona fetta di guadagno , con controversie bagatellari destinate e/o da destinare a biblici rinvii atti a far dimenticare, a chi le ha intraprese, il motivo stesso del contendere.
Posto che, in caso di conflitto, la conciliazione è diretta al raggiungimento di un accordo che impedisce il sorgere di un contenzioso giudiziario – con regole, tempi, costo, procedure e relativa assistenza legale – è nelle facoltà delle parti disporre della propria volontà, salvo che non se ne individui l’esigenza di obbligarle a concludere un contratto solo con l’assistenza di un legale e in Tribunale.
La mediazione, d’altronde, non è un’alternativa ai procedimenti giudiziari e ancor meno un’ulteriore grado di giudizio: essa è uno dei diversi mezzi di risoluzione delle controversie disponibili in una società moderna e non solo..
Infatti, un accenno alla conciliazione lo si può rinvenire, nelle XII Tavole, una delle prime codificazioni scritte del diritto romano, del V sec. a.C., nelle quali risulta particolarmente importante il frammento “Rem ubi pacunt orato”, col quale viene operato un chiaro riferimento alla composizione dei conflitti come ad un vero e proprio istituto giuridico.(8)
Nel testo, infatti, viene stabilito che se le parti si mettono d’accordo (pactio) sull’oggetto della controversia (rem) il giudice è tenuto a consacrarlo (orato) con l’emanazione di una sentenza.(9)
Orbene, prescindendo dall’argomentare la legge così come le opposte critiche, già abbondantemente trattate, si resta in attesa della prossima pronuncia della Corte Costituzionale, chiamata a esprimersi in relazione agli artt.24 e 77 della Costituzione sulla legittimità dell’art. 5 comma 1 e dell’art.16, comma 1 del D.lgs. n. 28 del 2010.( 10)
Mio articolo su Diritto & Diritti
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(1) art.12, Direttiva 2008/52/CE: “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011……”
(2) La direttiva 2008/52/CE all’art. 3 a)- per “mediazione” si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro.
Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima;
(3)La direttiva 2008/52/CE all’art. 3 b)- per “mediatore” si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione.
(4) Castelli, La mediazione:teorie e tecniche, pag.33
(5) Crum ,The magic of conflict, pag 49
(6) Edward Burnett Tylor Primitive Culture 1871 « La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società.»
(7) favorendo la composizione preventiva della lite ed evitando che non tutte le controversie vadano a sovraccaricare l’apparato giudiziario.
(8) G.Di Rago, M. Cicogna,G. N. Giudice, “Manuale delle tecniche di mediazione nella nuova conciliazione”, pag. 21
(9)Ivi cit. pag. 21
(10) relativamente alla parte che:
– “introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione”;
-“prevede che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”;
-“dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice”;
– “a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza”.