Il Consiglio di Stato, dopo ben cinque anni, scrive la parola “fine” chiarendo definitivamente certi aspetti interpretativi e polemici sollevati dall’avvocatura che potrebbe, finalmente, far cessare la disputa tra sostenitori e detrattori dell’istituto della mediazione civile e commerciale obbligatoria.
Per il massimo Giudice amministrativo la legislazione sulla mediazione è rispondente ai principi costituzionali sotto tutti gli aspetti, le spese di avvio della mediazione sono sempre dovute, gli avvocati benché riconosciuti “mediatori di diritto” hanno obbligo di formazione, aggiornamento e tirocinio.
Il Consiglio di Stato, infatti, con sentenza 27 ottobre 2015 depositata il 17/11/2015, accoglie l’appello proposto dal Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze riguardo alla riforma previa sospensiva della sentenza Tar del Lazio che, su ricorso proposto dall’Unione Nazionale delle Camere Civili (U.N.C.C.), ha parzialmente annullato il decreto 180 del 18 ottobre 2010 e, nello stesso tempo, rigetta l’appello incidentale proposto dall’U.N.C.C.
La sentenza in commento, come già anticipata dal Consiglio di Stato con Ordinanza n. 1694 del 22 aprile 2015, definitivamente stabilisce che le spese di avvio della mediazione sono sempre dovute “posto che il primo incontro non costituisce un passaggio esterno e preliminare della procedura di mediazione, ma ne è invece parte integrante alla stregua del chiaro tenore testuale dell’art. 8 del d.lgs. nr. 28/2010, e dal momento che tale fase il legislatore ha inteso configurare come obbligatoria per chiunque intenda adire la giustizia in determinate materie, indipendentemente dalla scelta successiva se avvalersi o meno della mediazione (al punto da qualificare l’esperimento del detto incontro come condizione di procedibilità dell’azione), ne discende la coerenza e ragionevolezza della scelta di scaricare i relativi costi non sulla collettività generale, ma sull’utenza che effettivamente si avvarrà di detto servizio”.
Inoltre, gli avvocati “mediatori di diritto” hanno l’obbligo di formazione, aggiornamento e tirocinio atteso che “non può sussistere dubbio sulla diversità “ontologica” dei corsi di formazione e aggiornamento gestiti per l’avvocatura dai relativi ordini professionali – i quali possono bensì prevedere anche una preparazione all’attività di mediazione, ma solo come momento eventuale e aggiuntivo rispetto ad una più ampia e variegata pluralità di momenti e percorsi di aggiornamento – rispetto alla formazione specifica che la normativa primaria richiede per i mediatori, proprio in ragione dell’esigenza (non casualmente qui agitata proprio dall’odierna appellata ed appellante incidentale) di assicurare che il rischio di “incisione” sul diritto di iniziativa giudiziale costituzionalmente garantito sia bilanciato da un’adeguata garanzia di preparazione e professionalità in capo agli organismi chiamati a intervenire in tale delicato momento.”
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato rigetta l’appello incidentale proposto dall’Unione Nazionale Camere Civili (U.N.C.C.), in punto di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale riproposta e condividendo e confermando le conclusioni esposte nella sentenza impugnata, definitivamente statuisce: la normativa sulla mediazione è in toto conforme ai principi costituzionali, nel senso che, “una volta superato il vizio di eccesso di delega che aveva indotto l’intervento cassatorio della Corte costituzionale con la richiamata sentenza nr. 272 del 2012, non è dato rinvenire manifesti e significativi profili di violazione dell’art. 24 Cost. ovvero di altri parametri di rango costituzionale.”
Riguardo ai rilievi svolti nell’appello incidentale, ammettendo parte appellante che i cittadini saranno lasciati in balìa di mediatori che non saranno necessariamente “esperti di diritto”, per il massimo giudice amministrativo sono basati su una svalutazione della rilevanza e della centralità del momento formativo e dell’aggiornamento dei mediatori, il quale invece, costituiscono parte essenziale del substrato comunitario dell’istituto de quo, di modo che non è possibile predicare l’illegittimità costituzionale delle previsioni in questione sulla base di una mera visione “pessimistica” del come in concreto detta formazione sarà attuata.