L’assordante silenzio che ha fatto seguito alla sentenza della Corte Costituzionale – n. 272 del 2012– che ha dichiarato incostituzionale per eccesso di delega l’art.5 della legge 28/2010 nella parte in cui prevedeva l’obbligatorietà della mediazione , sembra essersi trasformato in quieta loquacità.
Sulla bontà della mediazione civile quale mezzo per deflazionare l’enorme carico giudiziario non vi è più dubbio:
lo hanno detto i Saggi nominati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che hanno individuato tra le priorità “l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale– sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega)”;
lo ha detto l’ex guardasigilli Severino”… si dovrebbe tonare sulla mediazione obbligatoria perché la Consulta ha ritenuto che ci fosse un eccesso nell’attuazione della delega, ma nel merito di questa forma alternativa di processo non ha avuto nulla da eccepire. Se avessimo avuto più tempo saremmo intervenuti”;
lo ha detto il Ministro Cancellieri “Lo strumento della mediazione si è rivelato di grande efficacia per l’abbattimento del contenzioso civile”.
Il ripristino di forme di mediazione obbligatoria è nel programma del Governo Letta.
Dunque, perché indugiare?
Nel riportare di seguito la lettera del Vice-Presidente del CSM on. Vietti indirizzata a Maurizio de Tilla – Presidente A.N.A.I.( detrattore dichiarato della mediazione)mi chiedo se il tergiversare nel riproporre l’obbligatorietà di una “buona legge”, che necessita solo di essere ripristinata, sia dovuto al fatto di voler dare “un colpo al cerchio e l’altro alla botte” apportando alla stessa le modifiche necessarie a tutelare gli interessi dell’avvocatura che nulla parte ha in un procedimento dov’è facoltà dei soggetti interessati disporre della propria volontà.
Replica di Vietti a De Tilla
Lettera aperta all‘Avvocatura
Roma 21.05.2013
Caro Maurizio,
sono stato accusato di promuovere un’iniziativa ”improvvida” quale sarebbe l’obbligatorietà della mediazione.
Vorrei innanzitutto chiarire che ho sempre ritenuto lo strumento della mediazione utile per deflazionare l’ormai insostenibile carico di lavoro che grava sui nostri tribunali civili.
Desidero però rassicurare che la mia non è affatto una crociata in favore della mediazione e contro il ricorso alla giurisdizione.
Tutto al contrario, la mia preoccupazione è proprio quella di ripristinare le condizioni minime perché la giurisdizione possa tornare a garantire ai cittadini risposte tempestive ed efficienti.
E la mediazione mi sembra un valido strumento per garantire un filtro all’accesso indiscriminato alla giustizia professionale, al pari peraltro di istituti quali l’arbitrato e la conciliazione, che da molti anni affiancano il sistema contenzioso.
E’ bene pero’ riflettere sulla circostanza che se fino ad oggi i sistemi alternativi di risoluzione delle controversie non hanno funzionato, la spiegazione va rintracciata a prescindere dalla qualità del singolo strumento alternativo.
Il problema è culturale, nel senso che dipende in larga parte dal fatto che il cittadino italiano pretende che la propria controversia, indipendentemente dalla tipologia e dalla sua obiettiva rilevanza, sia giudicata da magistrati togati, sino al giudizio di cassazione.
Questa mi sembra la vera ragione del sostanziale fallimento dei sistemi extragiudiziari di risoluzione delle controversie civili, tra cui mi permetto di annoverare la conciliazione giudiziale, che ha percentuali di successo veramente infinitesimali, come è ben noto a tutti coloro che quotidianamente frequentano le aule giudiziarie.
Quindi la previsione della obbligatorietà del preventivo esperimento di forme di risoluzione alternativa delle controversie si pone non già come affermazione di una prava volontà di privazione di diritti costituzionalmente garantiti, ma al contrario come un tentativo di lettura costituzionalmente orientata ed attuale del canone dell’art. 24 della Costituzione: il diritto ad agire in giudizio non postula infatti che prima di rivolgersi ai giudici professionali non si debba tentare di risolvere altrimenti la lite.
E la media conciliazione, sin quando ha operato, mi risulta aver dato risultati incoraggianti, anche sul piano della partecipazione degli avvocati in un ruolo stragiudiziale che in altre parti del mondo rappresenta per loro una parte rilevante dell’attività professionale.
E non è vero che l’Italia sarebbe l’unico Paese ad avere forme obbligatorie di mediazione.
In Austria esiste la conciliazione preventiva obbligatoria quando si tratti di una controversia in materia locatizia, di proprietà immobiliare e nelle liti di vicinato.
In Belgio la mediazione è obbligatoria per le industrie nei seguenti settori: telecomunicazioni, assicurazioni, poste, diritti dell’infanzia, rapporti con il governo, rapporto con le istituzioni dell’Unione Europea, banche, energia, collocamento privato, pensioni, prodotti finanziari.
In Danimarca la conciliazione è obbligatoria per le imprese nel settore del turismo in merito ai viaggi e all’alloggiamento e nel settore dei mutui ipotecari.
In Estonia l’arbitrato è obbligatorio in materia di assicurazione per le imprese, mentre è volontaria la conciliazione.
In Francia il procedimento informativo sulla conciliazione preventiva è obbligatorio mentre il procedimento deve essere espletato in caso di divorzio e nei procedimenti davanti al Conseil des prud’hommes, in materia di contratti di locazione abitativi, per la vendita diretta ed in tema di pubblicità in relazione alla partecipazione delle industrie.
In Germania l’obbligatorietà è prevista in caso di immatricolazione dei veicoli a motori e per i reclami davanti alla Banca centrale tedesca. Alcuni Land hanno inserito l’obbligatorietà per altre materie quali le controversie patrimoniali di valore non superiore a 750 €, nell’ambito del diritto di vicinato ed in materia di diffamazione.
In Irlanda è necessaria la partecipazione a metodi ADR per il settore della pubblicità, delle pensioni, della vendita diretta e dei servizi finanziari.
In Inghilterra vi è attualmente una forte spinta verso la mediazione obbligatoria. In Svezia la mediazione è obbligatoria per le controversie che ineriscono la locazione ad uso commerciale.
Credo quindi che si debba ragionevolmente tornare a parlare subito di ADR, senza pregiudizi e in un’ottica costruttiva.
Ma con uno spirito necessariamente proiettato verso una radicale riforma del nostro sistema giudiziario, piuttosto che ancorato a forme di conservazione che, di fronte allo stallo attuale, non hanno più ragione di essere.
Michele Vietti
Mio articolo su InfoOggi